Birra agricola: le tante contraddizioni di un fenomeno tutto italiano
Se il fenomeno della “birra artigianale” ha segnato il passo della fase pionieristica del movimento brassicolo italiano, oggi è di gran moda la “birra agricola”, ovvero quella prodotta seguendo i dettami della produzione artigianale da parte di aziende agricole che, a tutti gli effetti, possono definirsi birrifici agricoli.
Molti imprenditori del settore hanno voluto caratterizzare birrifici già esistenti o neonati come azienda agricola per vari motivi: in primis la tassazione agevolata su parte della produzione, oltre alla possibilità di accedere a contributi specifici per il settore agricolo tra cui le misure dei PSR (Piani di sviluppo rurale), nonché per evidenti vantaggi di immagine e di marketing, sia verso il consumatore finale che nella rete B2B (la birra agricola, ad esempio, gode di una scelta privilegiata da parte dei numerosi agriturismi, in quanto prodotta direttamente dalla rete di aziende agricole).
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La peculiarità di una birra artigianale, per poter essere definita agricola, è di essere realizzata almeno con il 51% (in peso o valore, escludendo l’acqua) di ingredienti realizzati dalla medesima azienda agricola che si occupa della trasformazione in birra. Quindi, una parte rilevante delle materie prime (49%), in particolare malti speciali e luppoli, possono essere comprati sul mercato tradizionale ed in genere, proprio queste, hanno una rilevanza fondamentale e prevalente nella definizione delle caratteristiche organolettiche del prodotto finito. Inoltre, in genere, la maltazione dell’orzo e dei cereali prodotti in azienda agricola avviene in maltifici cooperativi nazionali o gradi malterie estere: questo, quindi, si traduce nella non corrispondenza del malto con l’orzo fornito, quindi, decade nel concreto tutto il concetto di legame con il territorio e del controllo diretto dell’intera trasformazione da parte del produttore. Un esempio concreto è la malteria del Cobi: le aziende agricole associate conferiscono l’orzo, proveniente da tutta Italia, che viene quindi miscelato con basso livello di segregazione dei lotti di origine. Dopo la maltazione, ogni socio riceve una quantità di malto proporzionale a quanto fornito, ma, ovviamente non vi è corrispondenza diretta tra orzo fornito e malto ricevuto.
Molto spesso, però, l’immagine che viene comunicata è sviante rispetto alla realtà, infatti, buona parte dei consumatori associano la birra agricola ad una produzione brassata con il 100% della materia prima della stessa azienda agricola e coltivata e trasformata interamente dal birrificio agricolo. Inoltre, a ben vedere, considerato il limitatissimo numero di malterie presenti in Italia e la tendenza di molti birrifici a maltare all’estero, viene meno anche tutta la poesia del Km0 e del terroir, se così si può definire di una birra.
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Questa condizione oggettiva pone la necessità di alcune domande:
- perché la comunicazione e la percezione della birra agricola non collima con la realtà della produzione?
- perché i birrifici agricoli si possono porre in una condizione di vantaggio fiscale rispetto ai birrifici artigianali, pur distinguendosi spesso in misura estremamente limitata dai secondi?
- è possibile creare in Italia aziende agricole o reti di aziende agricole in grado di realizzare filiere davvero autonome nell’autoproduzione e nella trasformazione locale di tutte le materie prime?
- se sì, perché le politiche agricole non incentivano specificatamente queste realtà?
La risposta a tutti questi quesiti sta nella realtà: a livello nazionale, infatti, vi è solo un’azienda agricola ad essere indipendente nella produzione di tutte le materie prime per le birre ed a includere la malteria ed il birrificio. Si tratta del Birrificio Cascina Motta, di Sale in Piemonte. Una realtà, nata nel 2008 e che, dopo una lunga sperimentazione, ha avviato la prima cotta nel 2017.
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Interessante notare come, questa azienda, per distinguersi in modo peculiare sul mercato dai “normali” birrifici agricoli abbia avuto la necessità di coniare due nuovi marchi identificativi: “birra contadina” e “birrificio contadino”. Secondo il mastro birraio di Cascina Motta, Alessandro Beltrame, la scelta di questi contrassegni è stata una esigenza, più che un vezzo di marketing: <<Oggi il mercato e la legislazione detta definizioni commerciali che non sempre incontrano la percezione reale da parte del consumatore. Nel nostro progetto vi è la chiara intenzione di legare la birra alla terra, intenderla come un prodotto agricolo ed artigianale senza compromessi, lungo tutta la filiera di produzione che, solo nel nostro caso a livello nazione, avviene completamente all’interno della nostra azienda. Dal campo, dalla coltivazione dell’orzo, dei luppoli e dei cereali minori, attraverso la maltazione, l’essicazione dei coni, fino alla brassatura ed alla messa in fusto o bottiglia, la nostra azienda controlla direttamente ogni fase della produzione, che avviene integralmente entro i confini dei nostri campi, davvero a Km0. Ogni lotto di produzione è associato inoltre ad uno specifico “Raccolto”, ovvero l’annata di produzione dei cereali e del luppolo: un concetto innovativo e rivoluzionario del contesto della birra artigianale. La Birra Contadina a filiera interamente aziendale non può prescindere dalla variabilità della produzione.
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Ogni campo di cereale, ogni annata agraria, ogni ciclo di maltazione e ciascuna cotta presentano delle peculiarità che portano ad una costante variabilità del prodotto. Variabilità non tipica di molte produzioni agricole ed artigianali, che si avvantaggiano dell’uso di materie prime di origine industriale, come i malti, o luppoli provenienti da diversi parti del globo, quindi acquistabili sempre ad immagine e somiglianza di quanto richiesto in ricetta. Produrre Birra Contadina significa avere la consapevolezza di non poter produrre tutte le birre che si vorrebbe, o che i consumatori desiderano: il frutto dei nostri campi è l’unica risorsa da cui partire, con uno spettro di potenzialità ampio, ma non enorme. Una scelta che fa sì che il primo “operaio” delle nostre produzioni sia la natura, che vogliamo rispettare al massimo operando in regime di agricoltura biologica>>.
Alla luce di questa esperienza, quindi, è evidente come il settore della birra agricola artigianale italiana abbia all’interno della propria definizione ancora molti punti da rendere coerenti e, soprattutto, da definire correttamente al cospetto dei consumatori. D’altra parte, però, le esperienze di imprese come il Birrificio contadino Cascina Motta ed i vari tentativi a livello nazionale della costituzione di reti di imprese per la coltivazione di orzo distico, luppolo, la messa a punto di nuove attrezzature per la maltazione artigianale fanno ben sperare nella’avvio di un processo di evoluzione, fino alla maturità, del settore per una birra agricola ed artigianale a filiera 100% Made in Italy. A ben pensare, infatti, la birra, così come il vino è un prodotto della terra e solo nella oggettiva territorialità può superare il pericolo di essere solo una moda passeggera e diventare un vero e proprio tassello della cultura gastronomica del Paese.