Il Padre del luppolo italiano
In un’epoca in cui la maggior parte dei vegetali presenti sul nostro pianeta è ormai disponibile e reperibile in pochi giorni da qualunque paese essa provenga, in Italia sono pochi coloro che fino a qualche anno fa hanno prestato attenzione al luppolo.
Questa pianta spontanea, presente nel nostro territorio, oggi è un ingrediente fondamentale per la preparazione della birra ma in realtà agli inizi della nostra storia era sostituito da erbe e spezie.
La coltivazione del luppolo in Italia ha avuto un notevole incremento grazie al fenomeno “craft” che nasce negli Stati Uniti negli anni ‘60 e piano piano si espande in tutto il mondo.
La storia moderna della birra artigianale in Italia nasce, per dovere di cronaca, negli anni ’80, grazie ai signori Esposito di Sorrento e ai fratelli Oradini di Torbole (TN).
Ahimè i tempi non erano ancora maturi, e oltre ad una assenza di norme in materia, esistevano difficoltà nel reperire le materie prime, problemi a recuperare gli impianti e non ultimo il confronto e lo scambio di pareri con gli altri homebrewing era ancora limitato a libri e lettere allungando i tempi di conoscenza e le novità nel campo brassicolo.
Solo sedici anni dopo, nel 1996, assisteremo alla nascita di ben sei birrifici artigianali: Il Birrificio Italiano a Lurago Marinone (CO), il Birrificio Lambrate di Milano, Le Baladin a Piozzo (CN), il birrificio Beba a Villar Pedrosa in
provincia di Torino, Il Mastro Birraio di Padova e il Birrificio Turbacci vicino a Roma; in questi ultimi 20 anni questi e nuovi birrifici occupano un posto di grande importanza sul mercato economico mondiale.
Ma chi fu il primo italiano a coltivare luppolo? Sino ad ora si pensava fosse stato Gaetano Pasqui (1807 – 1879) che nel 1835 aprì il proprio birrificio e poco dopo cominciò a isolare e coltivare alcune piante di luppolo che si trovavano nelle zone non lontane dal fiume Rabbi, in provincia di Forlì. Nel 1847 Pasqui produsse una birra con il proprio luppolo e ricevette alcuni premi. Fu allora che cominciò ad essere osteggiato dalle grandi industrie produttrici di birra, ma ormai il segno era stato tracciato e dopo di lui seguirono il suo esempio Alfonso Magera a Marano e ancora Giulio Boni che scrisse un manuale sulla coltivazione e sulla necessità di una produzione nazionale.
Sembra tuttavia che prima di Pasqui, a Milano, qualcuno avesse già iniziato a coltivare luppolo.
Il signor Pietro Soresi, commerciante di Milano ed esperto agronomo, tra i sui viaggi in Baviera, in Francia e in Inghilterra, osservò i diversi settori commerciali e agricoli, tra questi si interessò alla coltivazione del luppolo e
quando tornò in Italia trasformò il suo podere, chiamato Trivulza, in una luppoliera.
Per quel poco che sappiamo la luppoliera Soresi, piantata in un terreno argilloso-siliceo-calcareo, con un’estensione di circa “cinque pertiche milanesi” (3.272,5895 metri quadrati), nel 1834 produsse 164 libbre di coni, e nel 1835 aumentò la produzione a 182 libbre (circa 82 chilogrammi), non calcolando il quantitativo derubato e quello perso
durante il raccolto.
Pietro Soresi è spinto da un “generoso sentimento di filantropia” divulgando uno dei più seri trattati sul luppolo e cercando di far conoscere questa pianta tanto comune e facile da coltivare.
Al momento la ricerca di informazioni sul signor Pietro Soresi si ferma a causa della difficoltà nel reperire altre notizie sia sulla sua discendenza che sui suoi lavori.
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