Cia Padova: boom per luppolo dell’Alta padovana
Un’ottima annata, il 2022, per la produzione di luppolo dell’Alta Padovana. Si tratta di un comparto in continua crescita, sottolinea Cia-Agricoltori Italiani Padova, con degli enormi margini di miglioramento: “Fino ad un decennio fa, nel nostro territorio nemmeno esisteva tale coltivazione. Oggi sono 5, complessivamente, gli ettari vocati, e una decina le aziende agricole dedicate, per un fatturato annuo di almeno 100mila euro”. I numeri, secondo Cia Padova, sono destinati ad incrementare ulteriormente già nel breve a motivo della sempre maggiore richiesta di birre agricole, realizzate da mastri birrai adeguatamente formati. Enrico Carlon è il titolare di MrHops di San Martino di Lupari, l’unica impresa a livello nazionale che si occupa della riproduzione, in vitro, di piante di luppolo. “Le esportiamo in ogni parte d’Italia, oltre che in Ungheria, Francia e Spagna”. 100.000 le piantine di luppolo coltivate nel suo vivaio su una superficie di 1.500 metri quadrati. “Ci occupiamo del primo avviamento della filiera -spiega lo stesso Carlon- ovvero mettiamo le aziende agricole che producono il luppolo nelle condizioni di lavorare”. La stagione è stata particolarmente favorevole, nonostante la perdurante siccità registrata tra marzo e agosto. “Il secco ha contribuito ad azzerare, o quasi, le malattie nei campi a luppolo. Chi ha irrigato mediante gli impianti a goccia, in maniera precisa e puntuale, ha beneficiato di ottime rese”. Non solo. Anche la costante ventilazione, che ha caratterizzato la zona dell’Alta e della Pedemontana sia in primavera che in estate, ha favorito lo sviluppo della pianta. D’altro canto, fra le criticità che sembrano impedire il definitivo salto di qualità della stessa troviamo la burocrazia, gli altissimi costi dei macchinari e, non da ultimo, una non sempre corretta applicazione dei contratti di filiera (il cui scopo è “rilanciare gli investimenti nel settore agroalimentare al fine di realizzare programmi d’investimento integrati a carattere interprofessionale e aventi rilevanza nazionale).
“Quello del luppolo è un settore innovativo, che vale la pena esplorare -puntualizza il presidente di Cia Padova, Luca Trivellato-. Tutte le coltivazioni alternative rappresentano un filone che può generare delle nuove, ed eque, redditività a favore delle aziende agricole”. Negli ultimi anni, nel padovano, stanno sorgendo diversi agribirrifici. “Segno che l’imprenditore agricolo intende continuare ad evolversi -aggiunge Trivellato-. Molto spesso sia l’orzo che il luppolo, le materie prime principali per fare la birra, vengono coltivati nei terreni di proprietà degli stessi agribirrifici. Dunque, sono più che garantiti in termini di genuinità”.
“Uno dei nostri obiettivi è valorizzare quei prodotti ancora semisconosciuti al grande pubblico -conclude Trivellato-. Le birre agricole rientrano in questo novero”.
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