Hop creep, questo sconosciuto
Per dare un’idea di come questo aspetto sia ancora decisamente una novità nel campo birrario basta dire che non esiste una parola in italiano per definire l’hop creep se non: potere diastasico dei luppoli.
Brown e Morris investigarono per la prima volta il fenomeno degli enzimi di luppolo nel 1893, rilevando una piccola ma apprezzabile quantità di diastasi, enzimi che catalizzano l’idrolisi dell’amido, presente nei coni di luppolo. Hanno concluso che gli enzimi di luppolo erano in grado di degradare lentamente le destrine di birra producendo zucchero fermentabile che, quando reso accessibile al lievito, si traduce in una fermentazione secondaria con produzione di alcol ed anidride carbonica. Qualche tempo dopo, nel 1941, sono state implementate le scoperte di Brown concludendo che un l’enzima maltasi, in grado di produrre maltosio come prodotto di idrolisi, era presente quando si usava luppolo in dry hopping. Inoltre è stato scoperto che gli enzimi sono contenuti principalmente nelle foglie della pianta per poi traslare in parte anche sul cono.
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È importante considerare gli effetti degli enzimi bioattivi del luppolo sulla qualità della birra, in particolare nel caso in cui la rifermentazione non sia contabilizzata o controllata nel birrificio, sia perché esistono degli standard di alcool da dichiarare, che possono essere superati con questa fermentazione aggiuntiva sia per il rischio di creare bottiglie bomba per la troppa CO2 prodotta dal lievito metabolizzando gli zuccheri aggiuntivi.
Un caso singolare, che ha movimentato gli studi più recenti in materia è quello del birrificio statunitense Allagash Brewing Company, che
iniziarono a notare una sovra carbonazione della loro table beer dopo aver effettuato il dry hopping. Dopo diversi esperimenti interni capirono chiaramente che quei cambiamenti erano dovuti all’introduzione di luppolo e chiesero di svolgere ulteriori test alla Oregon State University, dove grazie al lavoro di Kirkpatrick ed il prof. Shellhammer, si validò ulteriormente la scoperta del birrificio con la uno
studio in cui una birra lager con una attenuazione tipica del 68%, è stata dosata in tre modi differenti: con solo luppolo, con solo lievito e con
una combinazione dei due per studiare i loro effetti singoli e combinati sulla rifermentazione.
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L’esito esprime che risulta sconsigliabile selezionare il luppolo in base alla sola cultivar, poiché anche altri potenziali fattori possono
influenzare il potere enzimatico del luppolo, come la maturità del raccolto e la temperatura di essiccazione. L’ipotesi, però, che il potenziale
enzimatico del luppolo varia a seconda della cultivar è stata confermata dallo studio e apre la porta ad ulteriori indagini su come il ciclo vitale
della pianta (dall’azienda agricola, all’impianto di lavorazione, al birrificio) influisce sul potere enzimatico del luppolo.
In conclusione lo studio indica che il luppolo, il lievito e la birra devono interagire per mostrare ilpotere diastasico del luppolo e cambiare
l’attenuazione della birra.
Nelle birre con luppolo, ci si può aspettare quindi che l’aggiunta a freddo abbia il potenziale di influenzare la dinamica della fermentazione del lievito, che può avere un impatto significativo sulla produttività, sulla qualità della birra e sul sapore.
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